BRUCE SPRINGSTEEN per la quarta volta in concerto a Torino!

È già calda l’atmosfera per il Boss. In tutti i sensi. Il palco per l’evento di oggi è stato montato sotto al sole cocente. Più grande di otto metri rispetto a quello del concerto romano, ha una struttura simile, ma una larghezza maggiore: ben cinquantadue metri per ventidue di profondità. Sono caldi anche gli operai e gli organizzatori che corrono da una parte all’altra dello stadio olimpico. Niente può essere fuori posto e lo sanno bene le centinaia di scaffholder che ci lavorano e le decine di autisti di camion colmi di materiale: dalle pedane all’amplificazione. Grande traffico anche alla porta carraia. All’interno della guardiola l’addetto alla sicurezza ricorda i concerti vissuti all’Olimpico nei suoi venticinque anni di lavoro: «Chi si dimentica il maiale che attraversava il palco al concerto dei Pink Floyd del 1994?».

Come tutti i grandi artisti, arriverà allo stadio all’ultimo momento Bruce Springsteen, quando i trentatremila fan che hanno finora comprato il biglietto lo accoglieranno. «Non ci saranno effetti speciali», conferma Giulio Koelliker, il direttore di produzione. Impossibile fare altre previsioni: un concerto di Springsteen non è mai uguale a un altro. Non aspettatevi quindi un remake di quello di Roma. Perfino la scaletta potrà non essere rispettata. Un’anticipazione, però, Koelliker può farla: «Il concerto dovrebbe essere più lungo del solito e superare le tre ore e mezza. Dipende da come l’artista prenderà la serata».

Ma ultimamente il Boss è carico. E se lo dice uno che si è accampato all’entrata dello stadio da giovedì scorso c’è da crederci. Al lato opposto della porta carraia, infatti, sulla piazzola pedonale, c’è un´altra tipologia di persone: quelle che si sono preparate per tempo a partecipare all’evento. Gianni Giraudi, 37enne di Torino, è stato il primo ad arrivare. Lo hanno raggiunto solo due giorni fa prima un suo amico e poi sua moglie. Dormono in tenda. Lui ha visto Springsteen per la prima volta nel 1985 a Milano, aveva tredici anni. E naturalmente non si è perso i suoi due precedenti concerti torinesi: 1998 e 2006. A inizio concerto, Gianni ritirerà la sua tenda e la depositerà in un angolino. Non prima di aver tolto la tuta da ciclista che ha indossato per i piccoli spostamenti durante la giornata. Un paio di pantaloncini lo faranno sentire più libero di muoversi a ritmo di rock. Si aspetta un grande concerto, Gianni, e spera che anche a Torino Bruce abbia un pensiero per l’Abruzzo come ha fatto a Roma. Man mano diventano sempre di più i fan che si accalcano all’entrata, pronti a prendere i posti più vicini al palco. Sono capelloni, tatuati, pieni di piercing, ma anche ben vestiti, sbarbati e con il doppio taglio. Si ritrovano sempre ai concerti, sempre i soliti e sempre carichi. Si conoscono ormai tutti. Eppure in Italia non esiste ancora un vero e proprio fan club. Sarà Gianni con i suoi amici a fondarlo, dice lui.

(di Daniela Mastrosimini – torino.repubblica.it)

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