E’ Special anche negli insulti, José Mourinho. Almeno a giudicare dalla classifica puntigliosamente stilata dal Daily Mirror sulle precedenti esternazioni non esattamente eleganti del tecnico portoghese, vero maestro di par condicio quando si tratta di mandarle a dire a qualcuno, nel senso che è capace di prenderla indistintamente con tutti (dal Barcellona a Sir Alex Ferguson, da Arsene Wenger a Claudio Ranieri) se provano a mettersi contro di lui, ma anche di regalare battute al veleno su questioni che non lo riguardano proprio da vicino, come il commento cattivello riservato alla sfida fra Tottenham e Arsenal del novembre del 2004 e vinta dai primi per 5 a 4 (“non è il punteggio di una partita di calcio, ma di hockey”) che occupa la posizione numero 10 della classifica.
Spazio poi in settima posizione alle perfidie contro il Manchester United del maggio 2005 (“ho visto il tecnico e i giocatori fare un giro d’onore dopo aver perso nell’ultima partita casalinga, se lo fai in Portogallo ti tirano le bottiglie) e, a seguire, quelle contro il Charlton dell’ottobre dello stesso anno, quando gli avversari batterono il Chelsea in Carling Cup (“mi congratulo con loro perché hanno vinto, ma noi siamo la squadra migliore”), mentre al quinto posto troviamo le carinerie all’indirizzo di Sir Alex Ferguson del gennaio del 2005 (“forse, quando avrò 60 anni e avrò allenato per 20 nello stesso campionato e avrò il rispetto di tutti, avrò anche il potere di parlare alle persone e di farle tremare un po’”).
Già detto della posizione numero 4 e della numero 1, rispettivamente su Messi e Barcellona, il terzo posto è dedicato a Claudio Ranieri e alla sua famosa incapacità di imparare l’inglese, ovviamente paragonata all’abilità del portoghese con le lingue (“ho studiato l’italiano cinque ore al giorno per essere sicuro di comunicare con i giocatori, la stampa e i tifosi. Ranieri è stato in Inghilterra 5 anni e riusciva appena a dire “good morning” e “good afternoon”), mentre al secondo posto ecco Arsene Wenger, mai amato da Mourinho che, in un’occasione, gli diede pure del “voyeur” per la sua propensione a parlare troppo del Chelsea.