Dopo aver visto il video della canzone, dopo aver comprato l’album, mi sono finalmente deciso a racogliere un po’ di materiale sull’ultimo album dei Metallica “Death Magnetic” ed in particolare sul primo singolo “The Day That Never Comes” che tra video e musica mertita davvero!
The Day That Never Comes, diretto nientemeno che dal regista danese Thomas Vinterberg, che nel 1995 fondò assieme a Lars von Trier, il movimento cinematografico Dogma 95.
Jams Hetfield dice che il videoclip non vuole affatto essere un video-commento alla Guerra in Iraq (anche se le immagini fanno di tutto per farcelo pensare…), e che quando scriveva la canzone, non pensava nemmeno a scenari di guerra, ma il videoclip è venuto fuori così, e lui ne è felicissimo.
Metallica – The Day That Never Comes (video e testo)
Testo ‘The Day That Never Comes’ (Metallica)
Born to push you around,
Better just stay down,
You put away,
He hit’s the flesh,
You hit the ground,
Mouth so full of lies,
Tend to black your eyes,
Just keep them closed,
Keep praying just keep waiting,
Waiting for the one,
The day that never comes,
When you stand up and feel the warmth,
But the sunshine never comes,
No the sunshine never comes
Pushed you across that line,
Just stay down this time,
Hide in yourself,
Crawl in yourself,
You’ll have your time,
God I’ll make them pay,
Take you back one day,
I’ll end this day,
I’ll splatter color on this gray,
Waiting for the one,
The day that never comes,
When you stand up and feel the warmth,
But the sunshine never comes,
Love is a four letter word,
And never spoken here,
Love is a four letter word,
Here in this prison,
I suffer this no longer,
I’ll put an end to,
This i swear, This i swear,
The sun will shine,
This i swear, This i swear,
This i swear
(grazie ad Andbeat per testo e ispirazione – tratto da http://ilforumdellemuse.forumfree.net)
recensione METALLICA – Death Magnetic
L’attesa è finita!
Dopo un battage pubblicitario senza precedenti, ecco finalmente uscire (ufficialmente!) il nuovo album dei Metallica, probabilmente il più atteso di tutta la loro storia discografica. Sottolineiamo ufficialmente perché tra anticipazioni, demo, inediti live e via di questo passo, avevamo potuto ascoltare la release nella sua totale interezza già da alcune settimane: e da questo particolare si può anche capire che qualcosa in casa Metallica è cambiato rispetto al passato (vedi la polemica Napster…).
Si parte da molto lontano, con la decisione di licenziare il controverso produttore Bob Rock per affidarsi ad un fuoriclasse come Rick Rubin, che nella sua gloriosa carriera ha curato le release di artisti come Slayer, Red Hot Chili Peppers, System Of A Down, Rage Against The Machine giusto per fare qualche nome… e anche questo significa qualcosa: innanzi tutto Rubin, a differenza di Bob Rock, non è un musicista e lavora molto sulle composizioni degli artisti che produce cercando di estrapolare da loro il meglio in ambito musicale; poi, cosa di non poco conto, l’avere in produzione un mostro sacro del suo calibro proprio per l’album che dovrebbe simboleggiare la rinascita del combo californiano, non può far altro che aumentare la cassa di risonanza per un evento che milioni di metaller attendevano da anni.
Detto questo, veniamo all’analisi dell’album: si chiedeva a gran voce un ritorno alle sonorità del passato e le prime due song non tradiscono l’attesa, puro thrash metal come non si ascoltava dei tempi di “…And Justice For All” con numerosi cambi di ritmo che inchiodano l’ascoltatore e che riportano alla mente i grandi successi del passato. Stesse sensazioni che si provano ascoltando “All Nightmare Long” e “Cyanide”, thrash song melodiche, potenti e veloci, due autentiche gemme metal accomunate però da un difetto di non poco conto, nonché comune denominatore dell’intero album: la batteria di Ulrich risulta ripetitiva e di scarsa creatività; il buon Lars ce la mette tutta per accontentare i fan nostalgici dei suoni del passato, che tanto avevano criticato la batteria di “St. Anger” (a ragione), ma diciamolo pure: il drummer dei Metallica non convince per niente.
Il singolo ufficiale “The Day That Never Comes”, è una sorta di semi-ballad che potremmo definire ipercitazionistica: parte citando la stratosferica “The Call Of Ktulu”, per poi sfiorare le eccellenti “Fade To Black” e “One” fino a far ricordare, in alcuni passaggi, il sound di “Load”: song di discreto fascino dove però la voce di Hetfield, soprattutto nella parte iniziale, non convince per niente.
I nostri ci potevano risparmiare il terzo capitolo della “saga” di “The Unforgiven”, già in occasione della seconda puntata avevamo storto il naso: qui, dopo una malinconica intro affidata al pianoforte, ci troviamo di fronte ad una song brutta e penosa che sinceramente potevano anche escludere dalla tracklist.
Per il resto l’album scorre via senza particolari sussulti, forse si prolunga in modo eccessivo nella durata (75 minuti sono decisamente tanti), accomunato da un Hetfield piuttosto fuori forma, da un suono delle chitarre sicuramente troppo pulito e ovattato e da un Trujillo da cui ci si poteva e doveva aspettare di più, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di merito rilasciate dalla coppia Hetfield-Ulrich.
Senza ombra di dubbio “Death Magnetic” distruggerà le classifiche discografiche e spaccherà in due, o forse è meglio dire in tre, fan e critica: chi lo amerà incondizionatamente, chi lo stroncherà in modo altrettanto deciso e chi, come in questo caso, lo classificherà come un semplice lavoro che supera di poco la sufficienza; da sempre questo si verifica quando ci si trova di fronte a lavori che non convincono appieno. In conclusione, un discreto album che nulla aggiunge alla gloriosa storia della band americana: dopo la figuraccia di “St. Anger” e dopo album anonimi come “Load” e “Reload” sinceramente era difficile fare di peggio. Inutile esclamare la tipica frase che in questi casi in milioni pronunceranno: “…se questo album l’avesse inciso una band sconosciuta si sarebbe urlato al capolavoro!”. Nulla di tutto questo, “Death Magnetic” è un’opera che supera la sufficienza meritatamente, ma che definire un capolavoro è decisamente troppo; come decisamente troppo è definire “Death Magnetic” un album thrash metal.
Voto: 6.5
(Recensione di Erik “Kaiser” Molteni – da www.metalitalia.com)