Divitias alius fulvo sibi congerat auro et teneat culti iugera multa soli, quem labor adsiduus vicino terreat hoste, Martia cui somnos classica pulsa fugent:
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L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi
Il passero solitario
D’in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno; Ed erra l’armonia per questa valle.
Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna, In sul calar del sole, Col suo fascio dell’erba; e reca in mano Un mazzolin di rose e di
Il cinque maggio
Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta,