«Un pamphlet contro la guerra. Una donna su un’isola, durante la Seconda guerra mondiale, convince tre soldati a disertare. Il tema musicale sarà Le déserteur di Boris Vian. O il mondo lo salvano le donne, o va del tutto a puttane».
E la salvatrice è Caterina Varzi.
«L’ho incontrata per caso, era avvocato e psicanalista. Una folgorazione. Lei cercava la persona Brass e non il regista, io ero affascinato dalla lucidità mentale e quel volto cangiante. Una vertigine sessuale. Ho fatto il galante un po’ stronzo, ha saputo tenermi testa. È perfetta per Ziva».
Non è stata la sua prima idea.
«Avevo pensato a Giorgia: intensa, misteriosa, un miraggio conturbante. L’ho chiamata, ma non se l’è sentita. Doveva dar retta a Picasso: l’arte non può essere casta: se è casta, non è arte».
Claudia Koll non sarebbe d’accordo.
«Claudia era un’attrice vera. Quando oggi parla di Dio, ha la stessa espressione che aveva in Così fan tutte. Ieri era un’estasi sessuale, oggi mistica. Ma sempre estasi è».
Molte sue ex attrici fanno a gara a chi si smarca prima.
«A deludermi di più è stata Anna Galiena in Senso 45. Non si è messa in gioco, sessualità zero».
Che ne pensa di Belen?
«Furba a dare l’idea di farsi scegliere, quando è lei in realtà a condurre. Meriterebbe un provino. I reality non mi stimolano, spiare dal buco della serratura sì. Tutto è voyeurismo, anche il cinema».
Le è piaciuto Gomorra?
«Garrone, Muccino, Sorrentino: bravi, ma mi dicono poco. Vengo da un’altra scuola. In Gomorra manca il primato della forma sul contenuto, per me conta più il significante del significato. Alla lunga questi cineasti mi annoiano».
Come Nanni Moretti, che ha proiettato il suo Chi lavora è perduto al Festival di Torino.
«Quando mi chiamò pensai a uno sketch di Fiorello. Mi ha fatto piacere, anche se il suo cinema è un po’ lassativo. Chi lavora è perduto dimostra che la forma non invecchia, il contenuto sì».
A Berlusconi e Veltroni che parte darebbe?
«Berlusconi sarebbe perfetto in 007 Dalla Russia con amore. Ogni volta che va da Putin, torna ringalluzzito. È un vecchietto ancora attivo sessualmente. Veltroni, poverino, che film potrebbe fare? Improponibile. Però lo ringrazio, è stato tra i pochi a parlar bene de Il disco volante».
Le piace Obama?
«Molto. Anche sua moglie: ha queste movenze afro-cubane, un bel sedere che agita benissimo. Pure Sarah Palin non era male, sembrava darsi molto da fare».
Ma lei da che parte sta?
«Dell’opposizione, a prescindere. Un artista deve dare vita a ciò che la sostanza reprime. Solo che oggi l’opposizione non esiste».
Gelmini o Carfagna?
«La Carfagna è un libretto stampato, il trionfo dell’ipocrisia. Falsa e indisponente. La Gelmini è vera, ha faccia tosta e femminilità stuzzicante. Una donna di rottura, come Federica Pellegrini. Mi è piaciuta quando ha dato un pugno sull’acqua dopo aver vinto. L’avevano criticata perché faceva sesso tra una gara e l’altra, ma lei se ne frega delle regole. Le dirigerei volentieri».
Roberto Rossellini, Alberto Sordi: che ricordi ha?
«Rossellini è stato un maestro di vita. Una volta tornò dall’India con quintali di registrato e una donna. Io di notte montavo l’India, lui l’indiana. Se la “montata” era andata bene, al mattino era un genio; se era andata male, era intrattabile. Su Sordi ero scettico: conoscendolo, scoprii che era un pazzo posseduto dal cinema. E così gli affidai quattro parti nello stesso film».
Perché ha virato verso il cinema erotico?
«Per anni ho creduto che il cinema potesse cambiare il mondo. Volevo l’abbattimento del potere, ma ogni rivoluzione sfocia nel sangue e in una mera sostituzione del potere. Il mio cinema è da dividere in AC e DC. Non prima di Cristo e dopo Cristo: prima e dopo La chiave. La vera rivoluzione è sessuale, il senso ultimo dell’erotismo è la libertà: ecco perché sono un eretico».
(di ANDREA SCANZI – www.lastampa.it)