Quanto costa la Coppa America? Se si resta sul generico la risposta è semplice: tanto, tantissimo. In particolare questa affollatissima del 2007 con un defender e ben 11 sfidanti. E c’è chi assicura, chiedendo l’anonimato: «Costa il triplo rispetto alla precedente edizione, che fu già molto cara perché bisognava andare a finire in Nuova Zelanda».
Abbiamo cercato di fare un’indagine sull’argomento, ma ci siamo trovati spesso di fronte a risposte fumose e a dati discordanti, soprattutto quando cercavamo certezze sui budget dei dodici team impegnati in questa 32° edizione.
Alla fine, sommando il certo con l’ipotizzato, siamo arrivati a tre miliardi di euro. Un miliardo scaturisce dalle ipotesi di spesa sostenute dai concorrenti e due da quelle istituzionali della Regione Valenciana e del Governo Spagnolo. Queste ultime sono ovviamente ben documentate. Valencia ha investito circa un miliardo e trecento milioni di Euro, mentre settecento sono arrivati dal governo centrale. Troppi? Sembra di no perchè, grazie all’importanza dell’avvenimento, all’afflusso di turisti con una previsione di trecentomila presenze e al nuovo volto della città sono previsti ricavi, spalmati in otto anni, di sei miliardi di euro. Senza contare l’aspetto sociale perché la Nuova Valencia creata dalla Coppa America genererà, nello stesso periodo, circa sessantunmila posti di lavoro, quarantamila dei quali nel capoluogo. Fra le opere strettamente legate al settore nautico già operative vanno ricordate le basi imponenti per i concorrenti, la Nuova Marina da 676 posti barca adatta ai mega yacht e il canale lungo 600 metri che la collega al mare aperto senza interferire con le strutture portuali tradizionali, debitamente separate e anche in vorticosa crescita.
Appare evidente che l’investimento istituzionale è assicurato da eccellente ritorno. Più difficile valutare quello che può nascere dagli stanziamenti degli sponsor. Dovrebbe garantire buoni risultati il sistema messo in piedi dal detentore della Coppa America, lo svizzero-romano Ernesto Bertarelli, già proprietario della Serono, che per tutti gli aspetti organizzativi e i diritti dell’evento ha creato una apposita società. Si chiama Ac Management, e guidata da Michel Bonnefous e ha un budget di duecentotrentadue milioni di Euro con una previsione di utili di ventisette, che verranno versati a tutti gli undici sfidanti. La Ac Management fra l’altro ha già incassato novanta milioni dalla città di Valencia e quindici per diritti televisivi.
Togliendo questi duecentotrentadue milioni dal miliardo ipotizzato per le spese dei vari Team, ne restano circa 768 da giustificare. A questo punto abbiamo ritenuto utile suddividere i team stessi in tre categorie: quelle dei ricchi, dei semi-ricchi e dei poveri, concepite in base alle stime sulle disponibilità. Senza però offesa per nessuno, perché in questo sport anche con un budget limitato, se la barca indovinata, l’equipaggio in gamba e la fortuna amica, si può ottenere un buon risultato anche se non si nuota nell’oro.
I ricchi sono quattro e hanno budget stimati intorno o superiore ai cento milioni di Euro. Consideriamo primo il defender svizzero Alinghi per i quali ipotizziamo centoventi milioni di euro, seguito dagli sfidanti americani di BMW-Oracle con una cifra quasi uguale, dalla nostra Luna Rossa con novanta milioni e dai neozelandesi di Emirates-New Zealand con ottanta milioni.
Fra i semi-ricchi il primo posto dovrebbe spettare all’italiano Mascalzone Latino Capitalia Team, l’unico che ha dichiarato ufficialmente la disponibilità di sessantaquattro milioni di euro, seguito dai padroni di casa di Desafio Espanol con sessanta, dai francesi di Areva con cinquanta e dagli svedesi di Victory con quarantacinque.
I poveri dovrebbe disporre tutti del medesimo budget, che stiamo intorno ai trenta milioni. Sono l’italiano +39, il sud-africano Shosholoza il tedesco United Internet Team Germany e il cinese China Team. Queste virgola, lo ripetiamo, sono nostre stime, suscettibili di modifiche.
Resta infine da chiedersi che garanzie di ritorno abbiano gli sponsor che investono in Coppa America, considerando che dietro ogni sfida prima del calcolo economico viene la passione per lo sport velico di chi la lancia. Sul piano strettamente economico, secondo alcuni esperti, non sempre l’investimento è giustificato. Ci sono in proposito due scuole di pensiero. Patrizio Bertelli, Patron di Prada e fra quelli che ci credono. Ha dichiarato dopo l’eccellente prestazione di Luna Rossa nel 2000: «Ho speso 55 milioni di dollari e vincendo la Vuitton Cup ho ottenuto un ritorno pubblicitario equivalente a 80 milioni di dollari». Fra gli scettici c’è invece Gianluigi Aponte, proprietario della MSC: «Questi sono investimenti a perdere. Si fanno per altri motivi, ad esempio io ho finanziato la sfida di Shosholoza per ringraziare il governo del Sudafrica della collaborazione alla mia compagnia di navigazione».
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